Dallo scorso 1° luglio è entrata in vigore la Riforma dello Sport (d.lgs. n.36/2021 e s.m.i.), vediamo le novità apportate dal punto di vista fiscale.
Sono interessati dalla Riforma dello Sport gli atleti, allenatori, istruttori, direttori tecnici, direttori sportivi, preparatori atletici, direttori di gara e ogni altro tesserato.
Da luglio, dunque, ogni tesserato che svolgerà mansioni rientranti tra quelle utili allo svolgimento delle attività sportive dietro compenso (fatte salve le mansioni di tipo amministrativo-gestionale) verrà considerato lavoratore sportivo, a prescindere dal settore di appartenenza.
Grazie alla riforma dello sport, i compensi dilettantistici sono stati eliminati e le collaborazioni sono state divise in lavoro sportivo e volontariato sportivo (ex figura amatoriale): vediamole insieme.
In base alle modalità con cui viene svolta la mansione, il lavoro sportivo assume ora diverse forme:
subordinato (prevalente nel mondo del professionismo)
autonomo (occasionale o p.iva)
co.co.co ognuno con le rispettive tutele del caso.
Nel caso di collaborazioni sportive in ambito dilettantistico, ovvero quelle che durano 24 ore settimanali (escluso il tempo dedicato alle manifestazioni sportive), i compensi fino a 15 mila euro annui non costituiranno base imponibile ai fini fiscali, ma l’eccedenza concorrerà a formare il reddito.
Il lavoratore sportivo dovrà rilasciare un’autocertificazione che attesti l’ammontare dei compensi percepiti con le prestazioni sportive dilettantistiche rese nell’anno solare.
Relativamente alla seconda fattispecie, quella del volontario sportivo, rientra in questa categoria chi mette a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro (neanche indiretti) ma esclusivamente con finalità amatoriali.
Le prestazioni dei volontari sono comprensive dello svolgimento diretto dell’attività sportiva, nonché della formazione, della didattica e della preparazione degli atleti.
Ai volontari sarà possibile rimborsare solo le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limite massimo di 150 euro mensili e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente.
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